L’auto creata online con ‘500 wants you’ compie gli anni. Per festeggiarla, apro l’archivio segreto.

Dal gennaio 2006 al maggio 2009 sono stato Direttore Creativo di ARC (Leo Burnett) Torino. Sono stati 3 anni e mezzo meravigliosi e lavorativamente parlando, un periodo probabilmente irripetibile.

Insieme a un gruppo fantastico (per ricordarli alla fine di questo post troverete i loro nomi) e in un’agenzia ottimamente strutturata, abbiamo realizzato la piattaforma partecipativa 500 wants you: il lancio della nuova 500 sul web. Praticamente uno dei più lunghi teaser che si possano ricordare in comunicazione (quasi 500 giorni) e probabilmente il primo caso al mondo di marketing collaborativo web based.

Per ricordare un’esperienza che ha coinvolto 9 milioni di persone, in occasione del decimo anno di compleanno di 500 apro come al solito il mio archivio privato.

Per chi vuole avere un’overview del progetto, può guardare il case study video a seguire. Racconta tutto di un progetto davvero innovativo nel panorama dell’automotive mondiale.

Chi vuole invece approfondire, troverà sotto ai video i link a 8 interessanti post con un livello di dettaglio maggiore.

 

Nei link a seguire trovate tutti i post che ho scritto per il mio blog sui progetti partecipativi dove ho raccontato:

  • com’è nata la piattaforma (qui)
  • come e perché abbiamo coinvolto target differenti (qui)
  • come abbiamo fatto a ricreare un auto partendo da due fotografie (qui)
  • di come abbiamo scoperto il mood musicale di 500 assieme ai suoi fan (qui)
  • di come abbiamo fatto a continuare a ingaggiare le persone anche dopo il lancio dell’auto (qui)
  • di come 500 ha fatto brandertainment creando assieme agli utenti il suo mondo (qui)
  • della collaborazione tra 500 wants you e YouTube, agli albori del videosharing (qui)
  • e anche del primo compleanno della nuova 500 (qui).

Se siete curiosi, se vi interessano i progetti partecipativi, date un’occhiata ai link.

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Qui a seguire invece il video di quando sono andato a presentare il case study a Leo Burnett Bangkok il 28 luglio del 2008. Una giornata davvero incredibile, in un’agenzia che ha vinto tutto.

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Anni: 2006-2009
Agenzia: ARCWW Torino/Leo Burnett Italia

Cliente: FIAT Automobiles S.p.A.
Brand & Commercial Director FIAT Group: Luca De Meo
Head of Communication FIAT: Giovanni Perosino
Internet Manager FIAT: Stefano Stravato, Luis Cilimingras
Head of Centro Stile FIAT: Roberto Giolito

Client Service Director: Carmen Momo
Digital Creative Director: Matteo Righi
Technical Director: Gianluca Mori

Art Director: Gaetano Musto
Webdesigner: Paolo J. Medda, Roberto Agagliate, Diego Tufano, Tiziano Allemand
Copywriter: Lietta Marucco, Federica Altafini
Content Manager: Raffaella Ramondetti, Barbara Berardi, Cristina Gilli
Developers: Paolo Faccini, Marco Carrodano, Erika Marquez, WIP Italia
Music: Tiziano Lamberti, Domenico Sandri Giachino
Project Managers: Cristina Pagano, Viviana Ferrero
Account: Federica Semeria, Claire Gentils, Ariele Canuto, Riccardo Vavalà

C.E.O. Leo Burnett Italia: Giorgio Brenna
A.D. Leo Burnett Torino: Guido Chiovato
FIAT Creative Director Leo Burnett Torino: Paolo Dematteis, Riccardo Robiglio

Greenmore: un progetto replicabile di agricoltura urbana collaborativa e partecipativa.

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Il 2015 è stato un anno pieno di soddisfazioni, che mi ha impegnato con soddisfazione sia come direttore creativo, sia come docente e coordinatore del Corso triennale di comunicazione pubblicitaria dello IED di Milano.

Uno dei lavori che mi ha maggiormente emozionato è stato sicuramente il workshop promosso da IED e Coldiretti Giovani Impresa, nato nell’autunno del 2014 nell’ufficio del direttore Alessandro Rimassa parlando di agricoltura partecipativa e cercando un argomento interessante da presentare alla Social Media Week 2015 di Milano.

Chi mi conosce sa della mia passione per orti e floricultura (Plumerie innanzitutto) e anche di quella per i progetti con al centro l’utente finale. Proprio mentre questi argomenti si incrociavano a proposito degli orti condivisi di Incredible Edible (ne parlo qui nel Blog Partecipactive) durante una delle mie lezioni di Teoria dei new media allo IED di Milano, una studentessa ha affermato:

In Italia non potrebbe funzionare qualcosa del genere, nessuno si fiderebbe a consumare prodotti agricoli coltivati da sconosciuti e cresciuti per strada”.

Partendo da questo insight, è nata l’idea del workshop grazie al quale è nato Greenmore, lo Starbucks degli orti urbani’: un progetto in franchising da donare a comuni, privati o associazioni, strettamente connesso alle modalità dei social network e a quelle della sharing economy.
La vision? Rendere gli orti urbani, più affollati delle discoteche.
Mica male come sfida!

Cliccando qui o sulla preview dello Slideshare che segue trovate la presentazione del progetto Greenmore con le chart e i video che abbiamo usato alla Social Media Week 2015 di Milano. Vi farete sicuramente un’idea del progetto e di come abbiamo vinto questa sfida.

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Se avete avuto la pazienza di guardare le chart e i video avrete capito che Greenmore è uno spazio, racchiuso in una serra, che combina un locale ristorante/bar/ritrovo e un orto urbano e che può essere realizzato su un terreno o su un tetto. In questo luogo vengono coltivati i prodotti che vengono utilizzati all’interno del locale e che vengono venduti al pubblico grazie all’operato di volontari ed esperti.

 

Se non lo avete fatto. è perché probabilmente vi siete tenuti per vedere il video integrale della nostra presentazione alla Social Media Week (lo trovate qui); ma siccome non ci credo, probabilmente state cercando di capire, continuando la lettura, come abbiamo risolto il problema della mancanza di fiducia e dello scarso interesse dei più giovani per progetti come questo.

Per il primo aspetto, grazie al coinvolgimento di Coldiretti Giovani Impresa e i suoi esperti. Per il secondo fornendo a volontari e gestori di Greenmore una ricompensa, e per decidere quale, lo abbiamo domandato direttamente al target. Viaggi, gift (come abbonamenti a palestre o teatri) e gli stessi prodotti coltivati sono stati i più richiesti.

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Ma come realizzare realmente tutto questo e perché si parla di progetto replicabile o addirittura di franchising?

Perché ogni città, associazione, gruppo di persone può aprire uno spazio Greenmore basandosi sulla sua filosofia. Ma non solo, ogni spazio usufruisce del supporto tecnico delle delegazioni locali di Coldiretti Giovani Impresa, ma soprattutto di un’App, vero e proprio motore di Greenmore.

L’App permette infatti agli organizzatori di decidere cosa fare e quando, ai volontari di conoscere come essere utili ed organizzarsi in turni, ai consumatori di sapere cosa acquistare quando, dove e perché.

Nello slideshow che segue trovate qualche esempio delle funzionalità principali dell’App in relazione ai 3 diversi target: volontari, organizzatori e consumatori.

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Al momento Greenmore rimane un progetto universitario con un concept una vision e una mission molto chiari e chissà che un giorno non diventi realtà.

Magari quando la distanza fra scuole e accelleratori d’impresa si accorcerà davvero.

 

Per concludere, nel video che segue, trovate l’intervista a me e Stefano Ravizza (delegato regionale di Coldiretti Giovani Impresa Lombardia) dove presentiamo il progetto Greenmore durante la trasmissione Smartcity di Marco Gatti sul canale Reteconomy di Sky.

Parlare in pubblico di quello che si fa a scuola credo sia l’unico per fare in modo che le cose accadano davvero.

E secondo voi?

 

 

Docenti: Matteo Righi, Francesco Grandazzi e Cinzia Piloni.

Gli studenti dei Corsi di Comunicazione pubblicitaria e design della comunicazione dello IED di Milano: Luca Apreia, Ilaria Lucchin, Elisa Del Favero, Delia Galbiati con Giacomo Casarollo, Giulia Mangano, Martina Leo, Thea Nikolova, Carlo Chiarino e Federica Ferraro

Grazie a Alessandro Rimassa, Carmelo Troccoli, Stefano Ravizza, Elisa Bergamaschino e al videomaker Guido Rizzone.

(Just like) starting over.

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Dopo 10 anni tra Torino e Milano come Direttore Creativo in agenzie internazionali, ho deciso di ritornare nella mia Bologna per potenziare il reparto creativo di d&f e diventare motore di crescita di una realtà in forte sviluppo.

Chi mi conosce sa che negli ultimi dieci anni sono stato parecchio in giro.
Dopo aver fondato in gioventù Mollusco & Balena ed aver proseguito la “carriera solista” con Balena Corporation, ho deciso all’alba dei quarant’anni di entrare nel mondo dei network internazionali. Sono stato digital creative director in ARCWW/Leo Burnett e in Wunderman, poi direttore creativo di Hagakure e infine in Doing, occupandomi di piattaforme di marketing interattivo, campagne e strategie di attivazione innovative su media classici e social network per brand come FCA, Fiat 500, Nokia, Microsoft, Sky, Telecom Italia, Haribo, Ferrero, Unilever, Leroy Merlin, AIE, Fernet Branca e tanti altri. Molti successi sono in questo blog o su Linkedin (qui).

Quello che mi ha riportato a Bologna non sono solo le tagliatelle come sostiene qualcuno, ma il desiderio di scommettere su una realtà numericamente agile ma molto ben strutturata, che fonde ricerca creativa, qualitativa e strategica senza paura di mettersi in gioco e di guardare in faccia ai risultati. Voglio rendere onore all’investimento che d&f e il suo CEO Stefano Braga hanno fatto su di me per rendere sempre più vera e misurabile la promessa dell’agenzia: far crescere i brand creando relazioni significative con le persone, che è poi la mia mission di sempre.

Rimbocchiamoci le maniche regaz!

 

Politica e Graphic design: l’esperienza “leggera” della Fabbrica del Programma.

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In questo periodo pre-elettorale, mi torna in mente La Fabbrica del Programma il capannone che Romano Prodi inaugurò il 16 febbraio 2005 e che per 14 mesi servì come base per la creazione partecipativa del programma per le elezioni politiche del 2006 che videro vincente la coalizione de L’Unione. Mi occupai del progetto grafico e fu uno un’esperienza professionale molto interessante.

Alla presentazione dei simboli elettorali poche settimane fa abbiamo avuto la conferma che graphic design e politica difficilmente vanno d’accordo ma qualche volta creano invece un connubbio perfetto. Quello che vi voglio raccontare rieditando il post che Carlo Branzaglia scrisse per la rubrica SDZ del sito di Aiap, è un progetto che è riuscito a coniugare gli elementi organizzativi con un progetto grafico innovativo, ben connotato e coerente.

Se poi avrete la pazienza di arrivare al termine di questo post, vi racconterò una curiosità, il vero motivo per cui L’Unione scelse il colore giallo per rappresentare la colazione nelle manifestazioni di piazza e nel famoso TIR di Prodi. Colore mai usato prima da nessuna coalizione.

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La Fabbrica del Programma
di Carlo Branzaglia

da SocialDesigneZine di Aiap, 28 aprile 2005

Il graphic design applicato all’immagine dei partiti e dei movimenti politici è sempre stato argomento dibattuto, nel bene (raro) o nel male (frequente). L’occasione ci viene questa volta da la Fabbrica del Programma di Romano Prodi, capannone alle porta di Bologna, ormai attivo a pieno regime, destinato a raccogliere e discutere spunti ed idee di movimenti o singole persone. Un’idea cara a Prodi, che già nella campagna che portò alla sua elezione (quando gli fu consulente, fra gli altri, Roberto Grandi) aveva mirato al coinvolgimento e al contatto diretto con la “gente”.
Nel caso della Fabbrica, risalta il lavoro di coordinazione fra gestione degli spazi interni e programma di comunicazione, organizzati secondo un principio unitario, d’altronde fondamentale per garantire accesso e gestione in uno spazio che si qualifica dal nome steso come incubatorio produttivo di idee e progetti.

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In venti giorni di tempo, due giovani architetti milanesi (Federico Zanfi e Filippo Poli) hanno impostato gli 820 metri quadri interni impostando uno spazio di gestione, uno di riunione (assembleare) e uno esterno di accesso; lavorando a stretto contatto con Matteo Righi (Balena Corporation), a sua volta coadiuvato da Georgia Matteini Palmerini, che si è occupato del progetto di comunicazione.

Il problema era evidente: una identità “in fieri”, aperta, definita dallo stesso lavoro svolto da questa macchina del pensiero; e una accessibilità emotiva oltre che funzionale, in quanto atta non solo a dirimere i meccanismi interni ma in primis a fare entrare fisicamente gli interlocutori nel progetto.

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Righi ha camminato con sicurezza, e leggerezza, su questo crinale. Ricorrendo a un sistema modulare, ispirato allo stencil, capace di gestire l’applicazione dei codici formali e cromatici dell’identità, a cominciare dal marchio; e nello stesso tempo di renderla accessibile e colloquiale, benché molto precisa proprio nella sua funzione segnaletica, con l’intervento di colori vivaci e di pittogrammi ragionevolmente giocosi.

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Non stupiscono, questa sicurezza e questa leggerezza. Non tanto per la lunga esperienza di Righi, prima con Mollusco & Balena, poi con Balena Corporation. Quanto per la varietà della medesima, vissuta con molta modestia, e molto mestiere, intendendo questa parola proprio nell’accezione inglese di craft: mestiere, appunto, ma nel senso anche di destrezza.
Righi è socio AIAP, ma anche consigliere nazionale dell Art Directors Club Italiano. Ha lavorato su qualunque supporto, dal design di prodotto al web, passando per il cartaceo. Si è confrontato con clienti di ogni tipo (dal parrucchiere Orea Malià a Pavarotti International); passando da occasioni assolutamente “mass oriented” ad altre praticamente underground. E non ha mai attirato su di sè particolari attenzioni, nonostante qualche bel premio nello scaffale.

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Forse è anche uno spunto per riflettere su valore e qualità del progetto grafico odierno, sospeso fra il suo essere “dappertutto” (come diceva la Carta del Progetto Grafico) e le tentazioni di un piccolo star system che trova visibilità in conferenze e pagine di riviste di settore. Uno star system soprattutto internazionale che rischia di ritrovarsi talora con le stesse (bellissime) presentazioni di conferenza in conferenza; magari aggiornate con la foto della tappa precedente. Che in Italia si restringe a quei dodici/tredici nomi, non solo fra i maestri ma anche e soprattutto fra le generazioni di mezzo e i più giovani, presenti qualunque cosa facciano sulle scarse finestre sul settore.
Il che non fa male a nessuno, sicuro. Salvo ricordarsi che il progetto grafico, oltre ad essere realmente dappertutto, è qualcosa che ha a che fare con la realtà quotidiana, con la gente che la pratica. E che è una attività di servizio, che, guarda un po’, nonostante il massiccio impiego di tecnologie deve forse proprio ricordare la sua dimensione di “mestiere”. Per non essere un’altro futile strumento di produzione automatica di simulacri.

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Ma perchè il Tir di Prodi era giallo?

La sinistra storica si è sempre connotata con il colore rosso, i berlusconiani con l’azzurro, la lega con il verde. Perchè L’Unione scelse il giallo per la campagna elettorale 2005/2006?

Alcuni sostenevano che era perchè c’erano di mezzo i cinesi. Altri pensavano a Cori Aquino ma anche che fosse un omaggio a Pantani. In realta il giallo fu scelto a causa di un tubo giallo in PVC che percorreva tutte le pareti del capannone. Era sicuramente l’elemento più evidente in quello spazio color bianco e cemento.

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Nella foto il capannone il giorno del sopralluogo insieme ai giovani architetti milanesi in Via Rimini venti giorni prima dell’inaugurazione. Da dove proviene il tocco d’arancione ve lo spiegate da soli, vero?!
Non potevamo fare grandi interventi, non potevamo cambiare i colori di quanto già era presente nell’ambiente, come il colore di pareti e pavimenti o gli elementi che ne facevano parte, tubi in PVC e impianto di diffusione dell’aria compresi. Non potevamo cambiare nulla ma la prendemmo come fonte d’ispirazione per il progetto. E la scelta obbligata dei colori divenne la fonte di ispirazione per realizzare un progetto che voleva mettere al centro la perfetta sintonia grafica e architettonica, lasciandosi andare alla massima contaminazione possibile.

E così la zona dove avvenivano gli incontri di studio, così come la redazione Internet e il logo, si colorarono di giallo e la zona delle conferenze e il tappeto che guidavano l’accesso diventarono arancioni. Il verde, unico colore aggiunto utile per identificare l’area dello studio televisivo arrivo a contaminare il colore verde del logo nei monitor come a identificare la natura del media stesso. Il logo è l’espressione massima di questo sodalizio creativo, in quanto l’architettura ne prende parte e si sposa in maniera indelebile all’immagine grafica. E non stiamo parlando di colori.

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La Fabbrica del Programma
Via Rimini (zona Croce Coperta – Corticella), Bologna

Dati dimensionali:
superficie esterna: 1320 mq.
superficie interna lorda di pavimento 820 mq.(di cui circa 550 mq. di spazio per incontri e riunioni)

Progetto d’allestimento:
Filippo Poli+Federico Zanfi architetti (con la collaborazione di Mario Filippetto e Maurizio Targa)

Progetto grafico:
Matteo Righi (con la collaborazione di Georgia Matteini Palmerini)

Con Haribo e Hagakure, a MM Cadorna, il primo progetto di “Station gummyfication”!

All’interno della nuova campagna e strategia di comunicazione di Haribo Italia, qualche settimana fa, abbiamo colto l’opportunità di utilizzare trenta spazi (manifesti, tornelli, gazebo, pavimentazioni, scale d’ingresso e scale mobili) prenotati da Haribo nella stazione MM Cadorna Milano.

E’ nato così il primo progetto di Station Gummyfication, la Station Domination di una delle stazione della metropolitana tra le più importanti di Milano, realizzata in modo decisamente originale.

Hagakure, l’agenzia di cui sono direttore creativo, ha proposto di utilizzare gli spazi in modo decisamente originale: trasformare tutta la segnaletica ATM in una rivisitazione a base di caramelle, le storiche caramelle Haribo.

Le indicazioni del capolinea della metro sono state ridisegnate con un font speciale Haribo e le pareti delle scale esterne sono state allestite con un logo MM1 fatto esclusivamente con caramelle di colore rosso (MM1 è la linea “rossa” milanese) e verdi dovendo segnalare la MM2 (la “verde”).

Il brand Haribo, conosciuto sul mercato come “La bontà che si gusta ad ogni età”, è diventato una bontà e felicità che si gusta in ogni luogo: per 45 giorni porterà infatti un pizzico di felicità nell’immaginario comune di tutti i viaggiatori.

Se volete far parte del progetto partecipativo legato all’iniziativa, fotograte la Gummyfication di Cadorna e postate le vostre foto su Instagram o Twitter con l’hashtag #haribocadorna o #haribo e le pubblicheremo nel sito di Hagakure.

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L’attività è stata ideata da Hagakure. Team del progetto: Art director Marco Tironi e Alberto Monti, copywriter Fabio Montalbetti, fotografia e postproduzione IppiStudio, strategist Michela Cimnaghi, accounting e coordinamento Marianna del Curto. La direzione creativa è di Matteo Righi. Coordinatore del progetto per Haribo Italia Daniele Calza, Marketing manager Haribo Italia Massimo Bullo.

Su Twitter l’operazione #lucianosfriends per sostenere e far conoscere la Fondazione Pavarotti.

Luciano's-Friends-Manifesto-Modena-6-settembre 2012-matteo-righiSi è tenuto il 6 settembre 2012 al Teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena, un concerto in memoria del grande tenore modenese, al quale hanno partecipato oltre a dieci giovani cantanti d’opera, selezionati dalla Fondazione Pavarotti anche tantissimi “Special Friends”.

Con l’Orchestra Sinfonica Italiana, diretta dal Maestro Fabrizio Maria Carminati, si sono esibiti artisti del calibro di Jeff Beck, Andrea Bocelli, Montserrat Caballè, Elisa, Lorenzo Jovanotti, Ennio Morricone e Zucchero. A fare gli onori di casa Fabio Fazio, un grande amico del Maestro e di Nicoletta Mantovani.

In occasione dell’evento, la Fondazione Luciano Pavarotti ha lanciato un’iniziativa dal grande potenziale mediatico.

L’attività, prevedeva il coinvolgimento di grandi personalità del mondo della musica, dello spettacolo e del jet set internazionale, si basava sull’utilizzo di Twitter e sull’invio di un kit (una T-Shirt Luciano’s Friends e un fazzoletto bianco uguale a quello che usava il Maestro durante le sue esibizioni), accompagnati da una lettera con l’invito a partecipare e le istruzioni.

Luciano's-Friends-lettera-Modena-6-settembre-2012-matteo-righiGli amici di Luciano, per partecipare all’iniziativa, venivano invitati a compiere due semplici gesti:

  • Il primo, che aveva come fine quello di far conoscere la Fondazione Luciano Pavarotti, era di indossare la maglietta Luciano’s Friends e scattarsi una foto da condividere via Twitter. 
  • Il secondo era un modo originale per dare il via a una raccolta fondi in sostegno dei giovani talenti del mondo della lirica: autografare il fazzoletto bianco, simbolo della figura di Luciano Pavarotti, e rispedirlo alla Fondazione per poi metterlo all’asta.

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I risultati dell’operazione via Twitter, con un costo media pari a zero, sono stati di tutto rispetto:

322.949 Account Twitter coinvolti
Oltre 4.000.000 di impressions
Oltre 20 celebrities coinvolte

 

Ecco alcune delle celebrities che hanno twittato la propria fotografia: Lou Reed, Milly Carlucci, Alessandro Gassman, Alessandro Bergonzoni, Paolo Gerani, Pupi Avati, Patrizio Roversi, Dolce & Gabbana, Nicoletta Mantovani, Saturnino Celani, Beppe Grillo, Syusy Blady, Fabio Fazio, Jeff Beck, Ligabue, Jovanotti, Giancarlo Giannini, Alessandro Benetton, Zucchero e Alberta Ferretti.

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Online: Agosto-Settembre 2014

Cliente: Fondazione Luciano Pavarotti
Referente per il cliente: Nicoletta Mantovani, Serena Belladelli

Agenzia: Hagakure

Art director: Marco Tironi
Copywriter: Fabio Montalbetti
Community manager: Barbara Boasso
Graphic designer: Georgia Matteini Palmerini
Direzione creativa: Matteo Righi

“Doniamo.org”. Da oggi anche nel web la nuova campagna di Pubblicità Progresso per sensibilizzare alla donazione degli organi.

Un anno e poco più fa, sono stato coinvolto da Franco Moretti, in qualità di Presidente dell’ADC*E e mio storico mentore, alla realizzazione della nuova campagna sulla sensibilizzazione alla donazione degli organi. Non posso dimenticare la sua telefonata: “Matteo, abbiamo bisogno di fare qualcosa di nuovo, anche nel web, ci servi tu”. Potevo rifiutare?

Per la prima volta nella sua storia, la Fondazione Pubblicità Progresso, a quarant’anni di distanza dalla prima campagna dedicata alla donazione del sangue, ha voluto coinvolgere, anzichè le agenzie, un superteam di professionisti che si dedicassero alla causa, ognuno per il suo ramo di competenza.
Il giorno della prima riunione ho incontrato oltre al nuovo amico Alberto Contri (Presidente della Fondazione), anche i vecchi amici Andrea Concato e Roberto Fiamenghi e siamo stati nominati project leader. Non potevamo più tirarci indietro.

Ma che responsabilità! Saremmo riusciti a realizzare una campagna degna del tema nonostante gli impegni professionali, quello che io chiamo “il lavoro di giorno”? Saremmo riusciti a regalare la nostra professionalità a qualcosa in cui credevamo? Speravamo di si.

Quel giorno c’era anche il Professor Antonio Gasbarrini, Epatologo del Policlinico Gemelli di Roma e Presidente della Fondazione Fire, scintilla dell’intera operazione e una grande persona che ha saputo farci concentrare su quelli che sono i mille dubbi che ha un comune cittadino nei confronti della donazione. Per esempio: “Non è che mi espiantano gli organi e io non sono davvero morto?”, “Non è che i miei organi vengono venduti?”. E altre domande alle quali avremmo dovuto dare una risposta. Soprattutto quella di trovare il modo di convincere le persone a fare qualcosa mentre erano in vita, evitando ai nostri cari di prendere una decisione quando noi non ci saremmo stati più.

L’argomento era tra i più difficili da trattare, sia perché obbliga l’eventuale donatore a pensare alla propria possibile morte prematura, sia perché occorre fornire molte informazioni e poi perché – da ultimo – occorre anche aiutare a superare le barriere burocratiche alla formalizzazione della decisione di donare gli organi.

Grazie a un comitato scientifico che coinvolgesse la massima istituzione del Paese in questo campo, l’Istituto Nazionale Trapianti e l’AIDO, l’associazione di donatori più strutturata e presente capillarmente sul territorio nazionale siamo riusciti a evidenziare i problemi e a trovare soluzioni.

Le soluzioni evidenziate sono state quelle di convincere le persone a fare i passi necessari finché sono ancora in vita – per fare in modo che non siano i nostri cari a prendere la decisione in un momento davvero difficile per loro – e a sciogliere ogni dubbio a chi questa decisione la deve ancora prendere finché è ancora in vita.

Da questi concetti sono nati gli spot che state vedendo in TV, ma anche il sito di cui vi parlerò tra poco.

Il sito www.doniamo.org costituisce la struttura portante della campagna (questo lo dice il comunicato, non certo io che l’ho studiato, Alberto Monti che lo ha disegnato o Andrea Concato che ha scritto testi eccelsi) ma è costruito in modo da facilitare un percorso guidato verso la auspicabile decisione che come avrete intuito è l’Adesione all’AIDO e al rilascio della tessera, l’unica cosa che libererà i nostri cari ad una decisione da prendere in un momento – che come ho già detto – potrebbe essere difficile.

Infatti, all’inizio compare la frase: “un sito per farsi domande, ottenere risposte, prendere una decisione”.  E per questo il sito è stato studiato come un percorso. Per primo ci sono le risposte alle F.A.Q. (le domande più frequenti) che non sono riportate come al solito per iscritto, ma con rapide interviste video girate in sala operatoria o in ospedale, fatte ad alcuni autorevoli chirurghi dei trapianti. Volevamo che fossero loro a fornirle, non certo noi che di lavoro facciamo la pubblicità. Tutte le video F.A.Q. le trovate qui.
Ad ogni risposta si propone – nel caso si sia convinti – di cliccare sul bottone che consente di scaricare il modulo di adesione all’AIDO con le indicazioni per ottenerla.

Ma se non basta questo a convincere le persone, viene proposto di guardare la campagna stampa e conoscere i testimonial che hanno già aderito alla campagna e all’AIDO come Claudia Gerini, Diego Della Valle, Concita De Gregorio, Lorenzo Sassoli De Bianchi, Caterina Caselli, scattati da due maestri della fotografia contemporanea: Chris Broadbent, uno dei più grandi maestri dello still-life e del ritratto, e Gerald Bruneau (già assistente di Andy Warhol). Tutte le campagne stampa le trovate qui. Altri ne verranno.

Da ultimo, se il visitatore non è ancora convinto, gli si chiede di inviare una mail con le sue perplessità o la richiesta di ulteriori delucidazioni, cui risponderanno degli esperti della materia. Ma siccome non credo che arriverete a questo punto e fi fiderete di me, iscrivetevi subito all’AIDO qui.

Ovvio che per fare tutto questo, oltre all’impegno di Pubblicità Progresso e all’ottimo lavoro di Marcella Colombo e Serena Izzo, c’è anche quello di Giovanni Bedeschi, Paola Ticozzi Valerio, del regista Claudio Gallinella di BedeschiFilm, del sound designer Matteo Milani di Green Movie, degli attori Giacomo De Cataldo e Pierpaolo D’Alessandro. Nonchè quello di Pacifico e Cristina Marocco che hanno concesso i diritti musicali e hanno cantato nella versione speciale realizzata per il film di “Tu che sei parte di me”, Sugar Music e Edizioni Curci per la buona volontà.

Paolo Pelizza, Tommaso Feraboli e Matteo Corbi hanno lavorato alle video F.A.Q. realizzando un lavoro lavoro con Postatomic e lo speaker Massi Rossi che ha anche realizzato il radio con il team di Eccetera qui.

Al sito hanno lavorato Simone Tolomelli (che ringrazio personalmente per la dedizione e la professionalità – anche se con lui ho parlato solo via Skype ma che abbraccerò alla prima occasione), Paolo Ainio e Andrea Santagata di Banzai Media.

Sicuramente chi ho dimenticato di ringraziare per questa meravigliosa esperienza potete trovarlo qui.

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Dall’inizio del progetto ho cambiato 2 agenzie: sono passato da Wunderman a Hagakure, ma entrambe le agenzie mi hanno dato carta bianca per portare avanti il progetto e per questo ringrazio chi mi ha dato la possibilità di farlo “nel lavoro di giorno”.

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Un anno di Partecipactive: il mio blog sui progetti con la complicità dell’utente finale.

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Il 2 aprile 2011 con il post Welcome to your show nasceva Partecipative, il mio blog sui progetti realizzati con la complicità dell’utente finale come dichiara la tagline.

Da allora ho pubblicato 64 articoli suddivisi in 51 categorie. Vi ho parlato principalmente di piattaforme partecipative, di co-creazione, musica, user generated contents, communitycrowdsourcing che sono le mie passioni di sempre. Ho anche riaperto gli archivi di 500 wants you.

Le visite sono state significative per un blog così di nicchia, oltre 16mila con una punta di 381 il 21 gennaio quando ho pubblicato il post LEGO: il futuro del brand passa dal Crowdsourcing e dalla Co-creazione, secondo nella classifica delle preferenze dei lettori con 681 visualizzazioni ma primo nel numero di commenti. Il post più letto è Evasori.info: il sito che dal 2008 mappa l’evasione fiscale in Italia su base volontaria. con 1093 preferenze, post che ha dato vita anche alla prima intervista esclusiva di Partecipactive: Complici nel cambiamento, non nell’evasione fiscale. Intervista al creatore di Evasori.info.

Oltre a quelli citati, i miei post preferiti, sono quello che parla di Amazon Mechanical Turk: il lato umano e l’utilizzo creativo di un crowdsourcing marketplace e della fantasia del digital artist Aaron Koblin, la storia incredibile di Myfootballclub (la prima online community a possedere una vera squadra di calcio)., l’ironico progetto partecipativo di una delle più insolite band di tutti i tempi Devo: dopo l’album realizzato insieme ai fans, il video interattivo dove ogni utente è il regista. e quello dell’italianissimo Lost in Google: la web serie dove quello che succede lo decidi tu.

Buon compleanno, ringrazio di cuore tutti i lettori.

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La foto in apertura è tratta dal sito di HAF (High Atlas Foundation), una fondazione che promuove lo sviluppo partecipativo in aree disagiate del Marocco coinvolgendo i beneficiari come partner attivi in ogni fase del progetto di sviluppo.

La prima auto al mondo all’asta su Twitter: Hagakure lancia ‘Twitbid’ per FIAT 500 America.

Per il lancio della nuova 500 America, Fiat era alla ricerca di una grande idea.

Hagakure, agenzia creata e guidata da Marco Massarotto e Chiara Bassani (e nella quale sono Direttore Creativo dall’ottobre scorso) ha proposto un’originale iniziativa: mettere all’asta su Twitter la 500 America n°1.

Il risultato? Dall’1 al 15 marzo l’auto sarà a disposizione degli utenti: verrà aggiudicata al miglior offerente.

Partecipare all’asta è semplice. Basta avere un profilo Twitter, diventare follower di @fiatontheweb e andare nel minisito per fare un’offerta.

E’ tutto spiegato nel video a seguire:

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Pronti? Il prezzo di partenza è 1€: chi vincerà si porterà a casa una 500 America con incisi sul montante esterno il numero di serie 1/500 e il nickname Twitter del proprietario.

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Titolo: Twitbid
Agenzia e ideazione: Hagakure
Cliente: Fiat Automobiles SpA

Creative Director: Matteo Righi
Art Director: Marco Tironi
Copywriter: Fabio Montalbetti
Video consultant: Alberto Monti
Client Director: Francesca Bucci
Project Manager: Chiara Imbimbo
Account: Ilaria Vaccarini

Sito realizzato da ARC Worldwide – Leo Burnett

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Have a look at the english video version (with project explanation) on YouTube.

“Le idee arrivano”. Intervista di YouMark a Marco Massarotto e Matteo Righi neo DC di Hagakure.

Da YouMark del 30 gennaio 2010
Tutti lo sanno, ma ora è ufficiale, Righi è in Hagakure. Che cresce e gareggia, anche con i top.

A dicembre sono state dieci le gare cui hanno partecipato. Di alcune l’esito positivo è già arrivato e a breve si sveleranno i nomi dei relativi brand. Non è che il proseguo di una costante crescita. A oggi 54 le persone impiegate, due nuove al mese, raggiungendo i 2 milioni e mezzo di fatturato.

Con l’entrata del nuovo Direttore Creativo e di tre del suo team (Fabio Montalbetti, Marco Tironi, Alberto Monti) a sottolineare ulteriormente il posizionamento di questa agenzia, nell’arricchimento per unitarietà di qualità, delivery e stile. La creatività, infatti, è determinante. Anche per le community, che non vanno solo gestite, ma ingaggiate. E solo con le idee si colpisce nel segno.

Insomma, il 2012 per Hagakure sarà un anno veramente importante. Con un occhio di riguardo all’internazionalizzazione, specie far east (sono state strette partnership con due realtà di Shangai per garantire al marketing sul web del fashion che sbarca in Cina supporto adeguato), ma anche al lavoro sull’intelligence, con dati e analisi a diagnosticare ogni progetto, così come al marketing della rete applicato al territorio (già operativi progetti per alcuni enti locali).

Ce ne parlano Marco Massarotto e Matteo Righi, rispettivamente CEO-founder e Direttore Creativo Hagakure.